Lettere a Litchfield – “Dietro a ogni dramma si nasconde un’occasione. Il lockdown mi ha lasciata sola con me stessa: oggi mi regalo un sorriso”

Ci scrive Lucia Gabani, 28 anni, giornalista sportiva. Vive a Barcellona da un anno e lavora per Dorna Sports, la società spagnola che detiene in esclusiva i diritti commerciali e televisivi del Mondiale Moto GP. Cresciuta tra i motori, a Pesaro, la città di Valentino Rossi e di altri campioni, per Dorna Sports segue il campionato del Motomondiale e cura la rubrica “Women in Moto GP” in cui racconta storie di donne che sono entrate a fare parte del Motorsport e, con impegno e fatica, si sono fatte largo per essere accettate in un mondo storicamente maschile.

Quando è scoppiata la pandemia, Lucia si trovava a Barcellona: ha vissuto i mesi del lockdown in un appartamento vuoto, da sola, lontana da casa e dalla sua famiglia. In questa lettera, a cuore aperto, ci racconta la passione, la fatica, solitudine, il prezzo da pagare per vedere realizzati i propri sogni. E ci lascia una riflessione per il domani.

Lucia Gabani

“Caro diario,

è con queste due parole che s’inaugura quella che sarà una confessione, uno sfogo, un momento di riflessione.

Voglio parlarti di me, dell’ultimo decennio della mia vita e di quello che ha rappresentato per me, piccolo granello di sabbia nell’universo, questa pandemia.

Ogni cosa succede per un motivo. L’ho sempre pensato e ne sono sempre più convinta. Dietro a ogni dramma si nasconde un’occasione e io sono impegnata a cercare di capire quale sia la mia.

Ho sempre saputo quello che avrei voluto fare da grande. Sognavo di raccontare al mondo le gare della Moto GP attraverso i canali dell’organizzazione che gestisce il campionato motociclistico di velocità più prestigioso al mondo. Per farlo, ho coltivato questa passione di nascosto, per tantissimi anni, perché alle bambine possono piacere i piloti, non le moto. Ma sono sempre stata diversa, ho sempre fatto le cose a modo mio.

Per raggiungere quel ruolo di giornalista italiana in una multinazionale che fa base a Barcellona ho viaggiato tanto, fino a perdermi e la mia bussola non ha ancora ripreso a funzionare. In sintesi, dal gennaio del 2013 ad agosto 2020, ho vissuto in 5 paesi europei, per un totale di 9 città, 15 case (ammettendo che non ne abbia dimenticata nessuna tra un trasloco e l’altro) e non so più con quante persone abbia condiviso bagno e spazi comuni prima di arrivare a mettere la firma su quel contratto di lavoro, che tanto sognavo.

L’inizio del lockdown in Spagna mi ha presa proprio nel giorno in cui avevo deciso di trasferirmi nell’appartamento che ho cercato per sei mesi. Ho avuto il tempo di lasciare una sistemazione temporanea per quella definitiva con una valigia dove erano più gli oggetti utili per svolgere il telelavoro che non i vestiti o le creme per la cura di me stessa.

Nella casa nuova mi aspettavano tre coinquilini e una camera da ammobiliare. Per un mese il divano letto è stato il mio unico rifugio. In quei pochi centimetri quadrati dormivo, mangiavo, lavoravo, telefonavo e… pensavo. Cercavo una risposta alla domanda: ‘Perché non mi capitano mai cose normali?’

Nel corso delle prime sei settimane di lockdown sono morti tre membri della mia famiglia. Ero lontana da loro, lontana da quelle poche persone che avrei voluto accarezzare, anche solo con lo sguardo, per trovare un po’ di conforto al dolore che genera un addio. Invece ero sola a più di 1.200 chilometri da casa, in una stanza dove non c’era niente. Eppure, in certi momenti, sembrava così poco spaziosa, perché incapace di contenere tutto il mio dispiacere.

Lontana per scelta. Ho persino dimenticato molte delle difficoltà e dei sacrifici che ho fatto per ottenere questo lavoro, per vivere in questa città, che all’improvviso mi sono chiesta: ‘Ma ne vale davvero la pena?

Sono ancora alla ricerca di una risposta.

La sensazione che provo è quella di chi si allena forte, spingendosi oltre il limite. Mentre ti alleni i muscoli ti fanno male, ma continui a muoverti, anche se in certi momenti ti bruciano così tanto che temi che possano incendiarsi, ma vuoi finire il tuo allenamento e trascuri tutto il male che ti sta comunicando il tuo corpo, perché il tuo obiettivo è arrivare alla fine.

Poi, dopo una meritata doccia, ti riposi e la mattina dopo l’allenamento stai così male che non riesci a muoverti. Resti bloccato a letto e all’improvviso devi ascoltare tutto quello che non hai ascoltato prima. Ti fa male tutto e inizi ad aver paura, paura di esserti lesionato, di esserti fatto male seriamente, di avere ignorato messaggi importanti perché eri troppo concentrato a finire quell’allenamento. Inizi a temere il peggio. Che il danno sia stato più grande del beneficio?

Questa quarantena è stato un momento intimo, perché non avevo altro che i miei pensieri a farmi compagnia. Quei pensieri facevano, e fanno ancora, male come l’acido lattico. Ma, a far male, non sono i muscoli, è il cuore. È come se dopo aver trascorso anni impegnata a guardare avanti, immaginando il mio futuro, adesso sia aggrappata al passato per capire che cos’ho sbagliato, che cos’ho ignorato, perché questo presente è così diverso dal futuro che mi aspettavo. 

Avere avuto sempre le idee chiare è stato un aiuto o uno svantaggio?

In queste settimane mi sono resa conto di non essermi preoccupata mai troppo di me, della ‘me’ che c’è quando non sono impegnata alla tastiera a raccontare storie di vite che non mi appartengono. E così ho avuto l’occasione di conoscermi, di concedermi il lusso di piangere, di essere triste, di accarezzarmi il viso e di regalarmi un sorriso allo specchio. 

Amo il mio lavoro e adesso che vivo di moto, mi rendo ancora di più conto di quanto mi appassioni quello che faccio. Ma non è tutto: il lavoro è un aspetto importante, ma non è tutto nella vita.

Ci voleva uno schiaffo forte come questa pandemia perché capissi quanto sia importante e benefico un abbraccio, perché capissi che cosa significhi la parola ‘solitudine’, che cosa significhi davvero stare lontani da casa e quanto sia importante dire ‘ti voglio bene’ a chi è  una parte importante della tua vita.

Dopo aver pianificato ogni singolo aspetto, in ogni minimo dettaglio, della mia vita, lascio che la vita scorra, che la bussola ritrovi il Nord e che il presente diventi più importante del futuro”.

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