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Lettere a Litchfield – “Il rumore degli zoccoli sull’asfalto e il carretto della frutta. Il ricordo di Calvairate in una mattina con la febbre”

Ecco un altro scritto denso di emozioni e di ricordi sulla vita nel quartiere Calvairate, a Milano. Lo firma Vecchio Agnostico, milanese di 67 anni, che ha voluto rispondere alla nostra call.

Ho qualche linea di febbre. Il papà e la mamma mi hanno tenuto a casa e io dormicchio nel lettone.

La tapparella è abbassata, ma non completamente e lascia delle fessure. È anche aperta a sbalzo. Quando è così, l’ombra, il riflesso di quanto si muove per strada, si proietta sul soffitto, a colori.

Mi piace molto e mi affascina che sia colorata come l’automobile che passa sotto casa. E si muove al contrario! Chissà, forse è una delle cose che mi ha spinto poi a studiare Fisica all’università.

Febbricitante, mi addormento guardandole e i sogni si mescolano con le stampe delle riviste antiche di moda, che sono incorniciate per adornare le ante dell’armadio dei miei genitori.

Una, in particolare, rappresenta una signorina seduta con la sua ampia gonna di moda all’inizio del ‘900. Un ragazzino, con una maschera di cartapesta dal naso lunghissimo, la spia, nascosto dietro a un tendaggio. È un po’ inquietante e mi porta a sogni agitati.

Gigi e Giulio, i due fratelli che abitano in Piazzale Martini, sono già passati e, con mia sorella, sono sicuramente già a scuola.

Un “ghisa”, sulla sua piattaforma al centro dell’incrocio tra viale Molise, via Lombroso e via Calvairate, li ha sicuramente fatti attraversare. Severo e autorevole ai nostri occhi, nella sua danza che alterna il traffico delle automobili.

Con lo guardo a destra, alza il braccio per indicare, in modo perentorio: “Automobili fermatevi li!”. Poi ruota il corpo di 90 gradi, facendo scivolare le scarpe lucide sulla piattaforma. Allarga le braccia e il lieve movimento della mano sinistra invita l’altro flusso: “Voi potete partire, invece!”. Rimane poi immobile, a braccia allargate e sguardo fisso in avanti, per fronteggiare la coda di auto che ha fermato.

Gigi, Giulio e mia sorella, hanno sicuramente proseguito a passo affrettato lungo la strada. Rasenti al deposito Atm, e poi di corsa, per non arrivare tardi alla Tommaso Grossi, dove li aspettano i nostri maestri. Le classi sono ancora divise tra “maschi” e “femmine”. Giulio e mia sorella, coetanei, sono ancora in seconda, ma Gigi e io siamo ormai “grandi”. Lasciata la maestra Saccomanno, la “mamma chioccia” dei primi 2 anni, in quarta abbiamo severi maestri uomini!

Il ritorno verso casa è più rilassato. Ci fermiamo spesso a guardare dalle grosse finestre, che danno nel seminterrato del deposito Atm. I tecnici sono affaccendati nelle officine. Torniscono pezzi di metallo, avvolgono cavi di rame sulle bobine dei motori e fanno mille altre cose misteriose.

A casa, mi sveglia un rumore cadenzato di zoccoli che colpiscono l’asfalto di via Calvairate. I carretti di frutta e verdura, trainati da un cavallo, vengono dall’hinterland milanese e passano sotto casa, poi in Piazzale Martini, via Arconati e, finalmente, lungo viale Umbria, possono raggiungere la loro meta: il grosso quadrilatero dei Mercati Generali, all’angolo con Corso XXII Marzo.

Si vedono ancora i vecchi carretti con due grandi ruote e le due aste per fissare il cavallo ma, quasi tutti, sono ormai a quattro ruote, con pianale foderato in metallo e battistrada in gomma piena. Da poco girano anche dei carretti “elettrici” uguali a quelli a quattro ruote, ma senza cavallo! 

Sull’altro lato della casa, si affaccia la camera che condivido con mia sorella. Via Sanfelice è ancora una via “viva”, con tanti negozi. Almeno la seconda metà, verso la mia casa. Di fronte c’è la lavanderia, la farmacia, seguita dal calzolaio, il salumiere, il barbiere, il bar di Pierino – quello che tutte le mattine mi prepara un sacchettino con la “veneziana” o una brioche per la merenda a scuola -, la “drogheria” gestita da due gemelli amici della Fracci, nata nella nostra zona, ma che ormai li “snobba”. E infine la banca che arriva fino in viale Molise.

Il tram 13 fa l’ultima fermata sotto casa. Bisogna “rigorosamente” scendere tutti lì. Poi il manovratore sposta il mezzo in viale Molise, dove fa capolinea. Una pausa per riposare, una sigaretta, due chiacchiere con il bigliettaio. O finiscono il turno e vengono sostituiti. Lì, si può solo salire.

Quando il 13 arriva, nel tardo pomeriggio, le persone che rientrano dal lavoro lo affollano e, scendendo, creano un gran movimento per un ultimo acquisto in drogheria o dal salumiere. Un bianchino o un caffè al bar, per poi affrettarsi verso casa.

Mi sono ancora appisolato intontito dalla febbre, ma ora sento spignattare mia madre in cucina per il pranzo. Mia sorella starà per rientrare.

Speriamo che la febbre se ne vada. Se mi sfebbro i miei mi hanno promesso che potrò andare sul divano in sala per vedere la “Tv dei ragazzi” sul televisore in bianco e nero comprato da poco.

Ho tempo fino alle 5 per farmi passare la febbre. C’è una nuova puntata di “Giovanna, la nonna del Corsaro Nero”, con il nostromo Nicolino e Battista, il maggiordomo. E non me la voglio perdere!

Continuate a mandarci aneddoti o ricordi che vi legano al quartiere Calvairate a orangeisthenwmilano@gmail.com o sulle nostre pagine social.

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