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“La ragazza con l’orecchino di perla” diventa un’infermiera. E va all’asta. Così l’artista milanese raccoglie fondi per il coronavirus

La ragazza con l’orecchino di perla diventa un’infermiera con la mascherina e il camice verde. L’espressione, insieme sfuggente e carica di rara dolcezza, resta però la stessa ed è quella ritratta dal suo più celebre predecessore, Jan Vermeer.

“La ragazza con l’orecchino di perla”, Jan Vermeer (1665-66)
“L’infermiera con l’orecchino di perla”, Lady Be (2020)

L’opera è di Letizia Lanzarotti, in arte Lady Be, celebre per i suoi “ritratti di plastica” con cui ha reinventato la tecnica del mosaico contemporaneo. Un mosaico fatto di tappi di plastica, giocattoli, penne, bottoni, bigiotteria e altri oggetti di uso comune. Come Greta Thumberg, ha iniziato raccogliendo rifiuti sulle spiagge, una decina di anni fa. Da allora, l’artista, nata a Rho, in provincia di Milano, ha sempre legato la sua arte a una missione: dare una seconda vita agli oggetti e conservarne la memoria.

Con questa tecnica, ha realizzato anche “L’infermiera con l’orecchino di perla”, che ha appena messo all’asta. Un omaggio, spiega, “a tutti gli ‘angeli’ che, in questi giorni difficili, lavorano negli ospedali sacrificando la loro vita per quella degli altri”.

E così, al posto del mantello colore rame che compare nel dipinto di Vermeer, la ragazza indossa un camice verde fatto di migliaia di pezzetti di plastica tagliati e assemblati uno accanto all’altro. Sulla testa, l’azzurro della cuffia chirurgica prende il posto del turbante di seta. E l’orecchino di perla, che dà il nome all’opera, diventa il simbolo di una nuova nobiltà, quella del servizio che gli operatori sanitari svolgono per fronteggiare l’emergenza del coronavirus.

Lady Be, 29 anni – che la Treccani definisce “erede della Pop art di Roy Lichtenstein e Andy Warhol” -, ha lanciato una campagna di raccolta fondi. Si chiama #VinciamoNoi. E l’obiettivo è quello di dare un aiuto concreto agli ospedali – il Sacco di Milano, lo Spallanzani di Roma e il policlinico San Matteo di Pavia – e alla Croce Rossa. “Con i soldi raccolti – si legge sul sito dell’asta – verrà finanziato l’acquisto di apparecchiature di ventilazione, saranno creati nuovi posti letto in terapia intensiva e subintensiva, e sarà garantita l’assistenza sanitaria”.

Qui trovate tutte le informazioni per partecipare all’asta

Tra le altre opere realizzate da Lady Be in questi giorni ci sono anche “Sono positivo” e “Corona Jesus”.

“Sono positivo” – Un palloncino che vola nel cielo e si porta via una mascherina diventata ormai il simbolo universale della lotta al virus. L’opera, realizzata con oggetti di plastica e resina su tavola, è dedicata all’Italia nella speranza “che possa presto rialzarsi anche grazie all’arte”. È un invito, spiega Lady Be, “ad avere coraggio e a guardare avanti perché tutto passerà”.

“Corona Jesus” – Il volto sofferente di Cristo, che al posto della corona di spine porta la rappresentazione del coronavirus, diventa un simbolo di espiazione dei peccati dell’uomo. L’opera, spiega Lady Be, “è dedicata a tutti quelli che nel mondo stanno facendo un sacrificio, piccolo o grande. A medici e infermieri, che negli ospedali sacrificano la loro salute e, a volte, la loro vita per aiutare gli altri. Ai bambini costretti a stare chiusi in casa per settimane. Ai lavoratori senza stipendio e a chi in questi giorni sta perdendo il posto. Agli imprenditori che falliscono. E a chiunque sta rinunciando alle sue piccole abitudini quotidiane”.

Lady Be: conversazione con l’artista

Lei è Letizia Lanzarotti, in arte Lady Be. Il suo nome è un omaggio ai Beatles, che, dice “mi ispirano da sempre e di cui conosco tutte le canzoni a memoria”. Negli ultimi anni ha esposto a New York, Parigi, Berlino e ora le sue opere, elogiate anche da Vittorio Sgarbi per la sua tecnica “formidabile”, valgono fino a 10 mila euro.

Si definisce un’accumulatrice seriale di plastica. Con i rifiuti che trova sulle spiagge ha inventato una tecnica: quella del mosaico contemporaneo.

Come è nata l’idea?

“Dalla mia mania di non buttare via niente. Ho iniziato quando ero adolescente. Sono stata educata a non sprecare e così, se vedevo oggetti sulla spiaggia, li raccoglievo. Trovavo plastica dappertutto: avevo capito che dovevo fare qualcosa per il pianeta”.

Aveva la stessa età di Greta Thunberg.

“Mi riconosco in lei. Sentivo che i tempi erano maturi già dieci anni fa. Ma io ero meno arrabbiata. E volevo creare qualcosa di bello: così ho pensato a come ridare vita a oggetti che per gli altri non avevano più valore”.


Dove trova la materia prima per le sue opere?
“La cerco sulle spiagge, nei mercatini, in discarica. Chiedo anche alle scuole di mettere da parte gli oggetti che non usano più. E giro sempre con un sacchetto, così se trovo qualcosa per terra lo posso portare a casa”.


E poi, cosa se ne fa?
“Prendo tutta questa spazzatura, la ritaglio e la divido per sfumature. È un passaggio importante perché sono gli oggetti stessi a colorare l’opera. Poi li metto negli scatoloni. La ricerca è continua e ci investo parecchio tempo. Ma, per la mia arte, è fondamentale che sulla tela ci siano solo oggetti di
riciclo, non nuovi”.


Come mai?
“Ogni elemento recuperato ha una storia. La gente che si avvicina alle mie opere, magari lo riconosce e lo lega a un ricordo. Non solo. Investito di un nuovo valore artistico, resterà a futura memoria”.


La Treccani la definisce erede della Pop art di Roy Lichtenstein e Andy Warhol: si riconosce?
“Sì, non tanto per lo stile quanto per il significato stesso della parola ‘pop’. La mia arte è popolare perché tutto ciò che incollo sulla tela ci appartiene, è stato nelle nostre case. Oltretutto, la plastica stessa è pop: costa poco ed è sulla bocca di tutti”.

2020-04-02T18:00:00

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Asta de “L’infermiera con l’orecchino di perla” di Lady Be – A sostegno di Croce Rossa Italiana, Ospedali Sacco, Spallanzani e San Matteo

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