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Lettere a Litchfield – “La mia maturità preparata in lockdown. Una mole di studio infinita, ma che emozione tornare a scuola”

Gli esami di maturità ai tempi del coronavirus sono iniziati il 15 giugno e continuano. Tra mascherine e regole di distanziamento, il Covid-19 ha stravolto il primo esame importante della vita. Niente più prove scritte, c’è solo un maxi orale in cui gli studenti devono esporre un elaborato sulla materia d’indirizzo, analizzare un testo di letteratura italiana, svolgere un colloquio multidisciplinare, parlare della propria esperienza di alternanza scuola-lavoro e, infine, rispondere alle domande di Cittadinanza e Costituzione. Dopo cinque mesi di didattica a distanza, in questi giorni gli studenti delle classi quinte tornano a scuola per affrontare la maturità: un’ora soltanto. Uno studente alla volta.

Celeste Curreri, 18 anni, è stata una delle prime a sostenere questo inedito esame di maturità. Ad aspettarla, fuori dal portone del liceo classico Manzoni di via Orazio, a Milano, c’erano i genitori e qualche amico. Ha festeggiato con la mascherina e una corona in testa. Le abbiamo chiesto di raccontarci com’è stato questo esame, così speciale e inaspettato, e di descriverci l’emozione di tornare a scuola dopo diversi mesi di isolamento.

Celeste Curreri

Sono ufficialmente, in tutti i sensi, matura. In testa ho mille ricordi e una sensazione dolce amara in bocca; perché se da una parte c’è la voglia di fare nuove esperienze, di cambiare quella routine che ha caratterizzato la mia vita per cinque lunghi anni, dall’altra la malinconia si fa già sentire. Gli anni del liceo resteranno per sempre nel mio cuore: sono cresciuta, ho imparato tantissimo e, nonostante ci siano state soddisfazioni miste a delusioni, il Manzoni sarà per sempre la mia seconda casa.

Certo, quest’anno per via della pandemia tutto è stato straordinario, così come anche la maturità: niente tema, niente temutissima versione ma ‘solo’ un maxi orale. Quello che, penso, sia rimasto invariato sono le emozioni che restano e resteranno per sempre invariate: l’ansia e la disperazione, ma anche le felicità e la determinazione sono sensazioni che hanno sempre caratterizzato l’esame di Stato e continuano a farlo. Quest’anno, però, si è aggiunta anche l’incertezza: due mesi prima dell’inizio dell’esame non sapevo se l’avrei fatto o come sarebbe stato. 

Le lezioni durante la quarantena continuavano a prepararci per la maturità, ma quale maturità? 

Nei primi mesi di lockdown, la preparazione agli scritti era fondamentale: la grammatica greca non potevamo abbandonarla e la professoressa di italiano – che io e la mia classe abbiamo conosciuto via zoom – ci ha fatto fare un saggio di simulazione. 

Come cambiavano le indicazioni dal Ministero dell’Istruzione, cambiava anche la didattica. Dall’esercizio scritto sono passata a quello orale, e anche quest’ultimo ha visto in sé dei cambiamenti. Abbiamo pensato di prepararci come se gli scritti fossero orali. Poi ci esercitavamo come se dovessimo andare in contro alle ‘buste’ dello scorso esame di Stato. E, infine, come se l’orale contenesse più prove al suo interno.

Neanche un mese fa, a maggio, abbiamo ricevuto l’ordinanza ufficiale: l’esame sarebbe stato solo orale, inoltre dovevamo preparare un elaborato scritto per le materie di indirizzo (nel mio caso latino e greco). Quindi, oltre ad avere poco preavviso per ripassare determinate materie, dovevamo anche dedicarci alla riflessione scritta di un macro argomento insieme all’analisi di testi riguardanti tale tematica in lingua antica. Abbiamo anche saputo che gli orali sarebbero iniziati il 17 giugno, giorno in cui precedentemente era stata prevista la prova scritta di italiano. Questa decisione avrebbe visto alcuni studenti avere l’esame molto prima, o molto dopo, rispetto ad altri: chi il 17 giugno e chi il 7 luglio.

Il giorno in cui si sarebbe deciso il calendario delle prove sarebbe stato due giorni prima del primo giorno d’esame. La mia classe è stata scelta per la prima settimana di orali e la lettera iniziale del mio cognome è uscita subito: avrei sostenuto l’esame il 17 giugno, sapendolo il 15 giugno. Non ho avuto il tempo di realizzare niente: il primo lungo e studiato esame della mia vita sarebbe durato due giorni. Pensare di avere l’esame subito ha reso la mole di studio infinita e le vacanze più lunghe.

Il giorno della mia maturità ho concluso un lungo e importante percorso della mia vita. Avrei visto per un’ultima volta i miei temuti e amati professori, sarebbero stati gli ultimi giorni della 5 C, non sarei più andata alle macchinette o salito quelle faticose scale fino all’ultimo piano dove si trovava la mia classe. Ritornare a scuola, dopo tre mesi, ha reso vivi tutti questi ricordi e ho capito che tutto sarebbe finito dopo l’ora d’esame del 17 giugno 2020. Avrei portato con me un ultimo ricordo dei professori che sono stati molto sensibili riguardo l’esame avvenuto in questo periodo strano: vederli con la mascherina non aveva cambiato i nostri rapporti.

I professori, ma soprattutto i compagni hanno reso nuovamente vivo lo spirito liceale che porterò per sempre nel mio cuore.

Uscita da scuola ero soddisfatta, ma anche triste. Chissà come sarà l’università: se ci si potrà andare, se mi soddisferà la mia scelta, se sarà bella come il liceo. Il liceo l’ho vissuto a pieno e, nonostante l’ultimo pentamestre sia stato anormale, le vecchie emozioni sono rimaste invariate e ho paura ad abbandonarle”.

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