Ho ricevuto la prima dose del vaccino. Quando sono uscita c’era il sole, anche dentro di me

Venerdì 7 maggio 2021 è una data che noi di “Orange is the new Milano” ricorderemo per sempre. Claudia ha ricevuto la prima dose del vaccino contro il coronavirus e ci racconta com’è andata. In attesa di vedere il conteggio dei vaccinati salire ogni giorno di più e accarezzare il sogno di un ritorno alla normalità, rinnoviamo il nostro appello: non perdete la fiducia nella scienza.

Un anno fa eravamo in lockdown. Il vaccino era ancora fantascienza, ma speravamo che presto sarebbe tutto finito. Nel tempo è diventato sempre più chiaro che non era così. Sono arrivate la seconda e poi la terza ondata, le aperture e le chiusure, il coprifuoco, i lockdown light, le zone a colori.

Nel frattempo sono arrivate le prime dosi. Abbiamo assistito allo scempio dell’inizio di questa campagna vaccinale, ci siamo indignate quando alcune categorie professionali (tra cui la nostra, quella dei giornalisti), che non lavorano in ambienti a rischio, hanno pestato i piedi perché volevano essere vaccinati prima degli altri.

Poi ci sono stati ancora i ritardi, i furbetti, i problemi gestiti male, i titoli allarmistici acchiappa click, i cambi di priorità. E mi sono arrabbiate. Tante volte.

Abbiamo aspettato, ancora lo stiamo facendo, con pazienza l’arrivo del nostro turno. A un certo punto, almeno per una di noi, è arrivato.

Le cose non sono andate secondo i piani di nessuno, soprattutto qui in Lombardia. Sappiamo quanto tutto sia stato gestito male e non credevo che sarebbe arrivato così presto il mio turno, anche se, in teoria, rientravo in una delle categorie prioritarie.

La prenotazione è arrivata in un giorno di pioggia torrenziale, a sorpresa. Fatta di corsa, da un cellulare, perché “chissà mai che poi non ci sia più posto”. Proprio nel giorno del compleanno di Elisabetta, come un regalo inaspettato.

C’era il sole, invece, il giorno in cui, con la mascherina che mi copriva il sorriso, sono andata al palazzo dell’Aeronautica, in piazza Novelli. Ad accogliermi un modellino di aereo e un militare in mimetica che mi ha misurato la febbre. Altri mi hanno accompagnata da una stanza all’altra, porgendomi i fogli da compilare.

Stemmi, statue. Non lo so, vorrei dire di essermi guardata intorno bene, ma in realtà non sono riuscita a farlo, ripromettendomi di prestare più attenzione alla bellezza del palazzo il giorno del richiamo. Questa volta ero più preoccupata di seguire le indicazioni dei militari che mi conducevano da una sala all’altra. Quello che più temevo e che mi ha distratta, però, è che mi dicessero che non potevano vaccinarmi per lo stesso motivo che in realtà mi aveva portato lì con priorità sui miei coetanei.

Sono arrivata al separé dietro cui mi aspettavano due uomini in camice bianco. Mi ha sorpreso la loro gentilezza e la loro calma. Nonostante entrassimo e uscissimo in decine, a ritmi serrati, entrambi si sono presi il tempo di chiedermi come stavo e ascoltare quello che avevo da dire. Poi mi hanno spiegato con calma le possibili controindicazioni ed eventuali interazioni.

Quando sono uscita c’era il sole, anche dentro di me. A quel punto, finalmente, mi sono guardata intorno. Ho notato che le rose hanno iniziato a riempire i giardini. Del resto è maggio è il mese delle rose. Maggio, lo stesso mese in cui sono nata, e che ha sempre segnato il mio periodo preferito dell’anno. Anche questa volta è stato il mese della mia rinascita“.

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