Il Cimitero Monumentale, l’arte custodita nella città dei morti

I musei continuano a restare chiusi, ma questa pandemia ci ha insegnato a trovare modi alternativi per godere della bellezza e a ricercare attraverso altre strade quell’energia e quelle vibrazioni che genera l’arte e che, in tempi normali, siamo soliti trovare in luoghi oggi inaccessibili. Ci ha reso ancora più evidente, ad esempio, che l’arte, a Milano, si può ammirare anche passeggiando per le strade o immergendoci tra le pagine della storia, o delle piccole storie, di monumenti, edifici e sculture sotto casa, che finora abbiamo ignorato.

Abbiamo scelto di raccoglierne alcuni e di raccontarveli in un percorso tematico legato all’immagine simbolo del periodo che stiamo vivendo: il confine.

Dopo la tappa al Lazzaretto e a Città Studi, prosegue così il nostro tour virtuale tra i luoghi del confinamento nella storia di Milano. Oggi vi portiamo in un posto che in tempi normali brulica di turisti e che da tempo è avvolto in un silenzio che va oltre quello che si conviene per il rispetto del luogo: il Cimitero Monumentale di Milano.

Un’area di 250mila metri quadri delimitata da mura che separano la città dei vivi da quella dei morti (tra questi possiamo annoverare le spoglie illustri di Alessandro Manzoni, Salvatore Quasimodo, Dario Fo, Enzo Jannacci, solo per citarne alcuni), ma che brulica anche di statue e monumenti artistici di altissimo livello.

Siamo in compagnia di una nostra guida turistica amica, Fedra Pavesi, che è entrata a far parte di questo racconto corale di Milano ai tempi del coronavirus che è “Orange is the new Milano”.

Fedra Pavesi

La nascita di un “recinto” destinato al riposo eterno ha origine nella Letteratura

“Il percorso che arriva al concetto di ‘cimitero’ che abbiamo oggi è secolare e possiamo dire che nasce nel Settecento. La lunga e complessa gestazione culturale, a livello europeo, si manifesta con la poesia sepolcrale e notturna inglese della prima metà del Settecento, ma anche nell’ambizione umana di fronte all’annullamento della morte (si pensi a ‘Il ritratto di Dorian Gray’).

In Italia, Ugo Foscolo scrive ‘Dei sepolcri’ nel 1806, nel momento in cui veniva estesa la normativa napoleonica dell’Editto di Saint Cloud del 1804, che disciplinava le sepolture vietando di tenere i defunti dentro le mura cittadine e creando così un recinto destinato al riposo eterno isolato dai vivi.

Il dibattito sul tema in quel periodo è vivace. Goethe, nel romanzo ‘Le affinità elettive’ del 1809, sottolinea che ciò che importa ai cittadini è contraddistinguere il luogo dove riposano i propri cari con una lapide che possa durare per generazioni. In Lombardia, Pietro e Alessandro Verri, sul periodico ‘Il Caffè’ – foglio culturale illuminista pubblicato tra il 1764 e il 1766 -, riconoscono l’importanza di onorare il defunto, seppur non giustificando con la ragione l’erezione di tali monumenti in nome di chi non potrà goderne”.

Tanti gli esempi che si potrebbero citare, tante le teorie. L’ultima, che ci racconta Pavesi, spiega perché nell’Europa meridionale abbiamo cimiteri monumentali.

“Ha ragione Antonio Gramsci nel dire che l’ispirazione dei ‘Sepolcri’ di Foscolo è diversa dalla poesia sepolcrale nordeuropea. È un’ispirazione politica, i monumenti sono motivo di esaltazione delle glorie nazionali. Da qui si trova in parte la spiegazione del perché nel Nord Europa i cimiteri sono piccoli o incolti e romantici, mentre nelle aree mediterranee diventano monumentali, espressione del culto storico dei valori e delle idealità comuni”.

Famedio ©Paolobon140 – CC BY-SA 4.0

Milano e il “Recinto Maciachini”

Il Cimitero Monumentale di Milano venne progettato dall’architetto Carlo Maciachini.

“La città ha voluto ricordare l’architetto Maciachini dedicandogli il piazzale che ancora oggi costituisce uno dei nodi del traffico milanese, che qui si incontra per via dei numerosi pendolari provenienti dal Nord e diretti in centro”.

Proprio da lì proveniva Carlo Francesco Maciachini, che era nato nel 1818 a Induno Olona, in provincia di Varese, da una famiglia contadina.

“Forse inconsapevolmente, progettò uno dei luoghi che divennero il simbolo della ‘Milano che conta’: possedere un mausoleo di famiglia al Monumentale, insieme a un palco alla Scala e a un tavolo riservato al ristorante Savini nella sfarzosa Galleria Vittorio Emanuele di fine Ottocento, erano i requisiti per appartenere all’alta società”.

Il progetto “Recinto Maciachini” è il vincitore nel 1863 del secondo bando di concorso indetto dal Municipio di Milano (il primo, del 1838, non portò ad esiti conclusivi). L’inaugurazione avviene in pompa magna il 2 novembre 1866, alla presenza di tutta la città.

Il Monumentale e l’idea di “un recinto non recinto” che fonde la città dei vivi con quella dei morti

Perché viene scelta proprio l’idea dell’architetto Maciachini tra quelle dei tanti che parteciparono al bando?

“Ciò che piace all’amministrazione milanese è l’impianto a giardino di ispirazione anglosassone, che si sposa armoniosamente con l’imponente parte architettonica. Ma più di tutto che, a differenza dei cimiteri classici, il fronte principale non è nascosto da alte mura, ma consente la comunicazione con la città. Quindi una sorta di recinto non recinto, che fonde la città dei vivi con quella dei morti, in un dialogo tra le esperienze dei grandi personaggi che qui sono sepolti e le nuove generazioni che grandi diventeranno”.

Il disegno di base del “Recinto Maciachini” si estendeva all’inizio su 180mila metri quadri, diventati nel tempo quasi 260mila.

“L’interno è organizzato come una grande scacchiera formata dall’incrocio della via centrale con i numerosi assi secondari che lo percorrono in lunghezza e in larghezza. A una delle estremità dell’asse principale c’è il Famedio, o Pantheon degli uomini illustri, dove vengono ricordati ogni anno i milanesi, di nascita o di adozione, che si sono distinti in arti, letteratura, scienze, che si sono adoperati per il bene della città o benemeriti a livello nazionale”.

I milanesi tumulati direttamente nel Famedio per ora sono sette: oltre ai già citati Alessandro Manzoni – che si trova al centro della sala – e Salvatore Quasimodo, ci sono anche Luca Beltrami, Leo Valiani, Bruno Munari, Carlo Forlanini e Carlo Cattaneo.

Tomba di Manzoni al centro del Famedio © Thomas Ledl – CC BY-SA 4.0

C’è però una parte sottostante, la “Cripta del Famedio”, in cui le tumulazioni illustri sono più numerose. Tra questi: Alda Merini, Guido Crepax, Dario Fo e Franca Rame, Ambrogio Fogar, Giorgio Gaber, Paolo Grassi, Enzo Jannacci.

Non solo. Nel Famedio sono incisi anche i nomi di altre importanti figure legate alla storia di Milano, seppellite, in parte, in altri luoghi. Tra queste: Leonardo Da Vinci, Giuseppe Verdi, Sant’Agostino, Raimondo Vianello.

“All’altro estremo rispetto al Famedio c’è il forno crematorio, che era già attivo nell’Ottocento, contrariamente alle raccomandazioni della Chiesa Cattolica.

All’interno del Monumentale poi ci sono due aree a loro volta isolate dal camposanto cattolico: quella dedicata agli acattolici e quella dedicata agli israeliti, alle due estremità dell’ingresso. Recinti nel recinto. Che, però, anche in questo caso, lasciano libero il visitatore di oltrepassarne i confini senza barriere architettoniche.

L’intera area è da considerarsi un vero e proprio museo a cielo aperto, costellata com’è di architetture e sculture realizzate dai migliori artisti degli ultimi 150 anni”.

Tra questi, l’architetto Giuseppe Boni e lo scultore Orazio Grossoni, che hanno realizzato il monumento sepolcrale di Ferdinando Bocconi, fondatore dell’omonima università; l’architetto Mino Fiocchi e gli scultori Giannino Castiglioni e Arrigo Minerbi, che hanno realizzato l’edicola della famiglia Falck. E poi, Adolfo Wildt, autore di diverse sculture per il Cimitero Monumentale, tra cui quella della sua tomba e della moglie. Diverse anche le opere di Lucio Fontana.

Il Cimitero Monumentale è un luogo di raccolta, un contenitore di storie, tutte accomunate dall’appartenenza dei protagonisti, anche adottivi, alla città di Milano. Attraversandolo, anche distrattamente, si percepisce come in nessun altro luogo il senso di un destino comune e si viene sopraffatti dall’orgoglio di vivere in una città troppo spesso sottovalutata da chi ci vive”.

Per maggiori informazioni sui tour organizzati da Fedra Pavesi consultate il sito Guide-MI o la sua pagina Facebook

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