“Sono una guida turistica a Milano: così il coronavirus ha cambiato il nostro lavoro”

“L’arte è la migliore medicina per l’anima”. Una convinzione profonda, che attraversa la vita di Fedra Pavesi, sotto ogni punto di vista. Pavesi, 48 anni, milanese, un sorriso luminoso e un’energia contagiosa, è una guida turistica. Organizza percorsi tematici in giro per la città, a seconda della richiesta dei committenti. Seguendo le orme di Giuseppe Verdi o Leonardo da Vinci, visitando i luoghi legati ad Arturo Toscanini o a Mozart. Oppure creando itinerari d’arte contemporanea a spasso per la Lombardia. O, per i milanesi interessati a conoscere gli angoli più nascosti della propria città, entrando nei cortili e nelle chiese poco conosciute. “Per me la soddisfazione più bella è quando, alla fine del tour, i visitatori mi rivolgono quello sguardo unico, con gli occhi e con l’anima sazi di bellezza e mi dicono: ‘È stata una giornata bellissima, grazie per le emozioni che abbiamo provato, le porteremo con noi'”.

Tra i suoi clienti, oltre alle coppie e alle famiglie di turisti italiani o stranieri, “che vogliono conoscere davvero la nostra Milano, con le sue tradizioni e i suoi racconti, ci sono associazioni culturali, aziende che organizzano eventi per ospiti stranieri e agenzie che organizzano viaggi musicali in collaborazione con il Teatro alla Scala.

Insomma, una vita sempre in movimento e circondata dalla bellezza, passeggiando tra i tesori di Milano e della Lombardia. Poi è scoppiata la pandemia e anche il mondo delle guide turistiche è cambiato. “Ho visto il mio lavoro svanire da un momento all’altro. Ho impresso nella mente la data del 23 febbraio 2020, passato con una deliziosa famiglia sulle terrazze del Duomo a passeggio tra le guglie. Da quel momento è stata una pioggia di annullamenti e cancellazioni”.

Fedra Pavesi, guida turistica

Abituata a vivere fuori di casa, anche nei weekend, portando i turisti a visitare gli angoli più interessanti della città, durante il lockdown ha dovuto rivoluzionare anche la sua vita famigliare. “Improvvisamente eravamo in quattro adulti – mio marito, i miei figli che hanno 22 e 20 anni ed io – a stretto contatto per tutto il giorno”. Una situazione che ha stravolto le routine di tutti. Ma che le ha fatto apprezzare i tanti momenti insieme. “Ho cercato di donare alla mia famiglia le poche certezze che potevo, cucinando cibo sano, facendo ginnastica con mia figlia e costruendo nuovi equilibri”. E così è stata “l’opportunità per conoscerci meglio e ascoltarci senza interferenze esterne”.

Ed è stata anche l’occasione “per scoprire il mio quartiere e conoscere i miei vicini di casa: si parlava tra i balconi o si passeggiava a debita distanza nel cortile condominiale. E così sono venuta in contatto con l’associazione di quartiere con la quale oggi collaboro, con visite guidate volte a valorizzare la nostra periferia”.

E, per poter continuare a diffondere arte anche dalle mura di casa, Pavesi ha dovuto ricorrere a nuovi mezzi. “Propongo esperienze virtuali al quartiere Ortica o alle pinacoteche e ai musei milanesi in preparazione alla visita vera e propria”. E questo, per lei, è uno dei grandi cambiamenti del lockdown. Fino a qualche mese fa, ammette, “avrei detto che non è possibile avere un’esperienza virtuale coinvolgente. Perché la visita in presenza non ha sostituti, proprio perché significa vivere insieme un’esperienza sensoriale che coinvolge emozioni, sentimenti e persino odori e sapori. Per molti è un modo per ritrovare gli amici, per fare una passeggiata diversa in famiglia oppure per regalare un compleanno diverso. Quante volte vi è capitato di ricordare un’opera d’arte o una canzone legati a un periodo particolare della vostra vita e il ricordo è piacevole perché legato a quella specifica sensazione?”. Tutto ciò, confessa, “probabilmente non accadrà con l’esperienza virtuale, ma questa può fornire, comodamente da casa e nel momento che preferite, maggiori informazioni per poter vivere al meglio la vostra esperienza vera e concreta”.

E in questi mesi, non è stata l’unica a fornire esperienze virtuali per visitare luoghi e territori. Perché per tutti la tecnologia è stata a lungo l’unica forma di evasione. L’unico modo per girare il mondo dal divano.

Ma ora si può uscire e si può farlo con nuovi occhi. “Milano e i suoi dintorni hanno molto da offrire: cultura, ma anche percorsi ciclabili, passeggiate nei parchi ricchi di storia e di tradizioni. In questi mesi i milanesi hanno riscoperto anche le periferie e stanno apprezzando la bellezza di casa propria”. E così anche gli abitanti della città, riescono ora a trovare la bellezza che a lungo hanno dato per scontata nella routine della vita quotidiana pre Covid. E per aiutare chi ha passato l’estate a Milano o è tornato dalle ferie, Pavesi, sulla sua pagina Facebook, ha pubblicato proposte video di itinerari urbani o nei dintorni della città. Tra i consigli, una passeggiata nel Parco Sempione, “dove si può ripercorrere la storia di Milano dai Visconti nel Medioevo fino alle moderne architetture di Alberto Burri e Gio Ponti, senza tralasciare le affascinanti leggende di fantasmi dispettosi che si aggirano tuttora all’imbrunire”. E, per gli amanti dell’archeologia e dell’arte consiglia di non farsi scappare la visita dei mosaici all’interno della basilica di San Lorenzo, “visibili da agosto in tutto il loro splendore dopo un lungo restauro”.

Una Milano da visitare, insomma. In forma inedita: completamente vuota. Se dopo febbraio il turismo si è azzerato, “ad oggi la ripresa è molto lenta: la paura e l’incertezza soprattutto tra gli anziani è ancora forte”. Secondo uno studio dell’Osservatorio Confturismo-Confcommercio e Swg di luglio i turisti stranieri, tra giugno e settembre, saranno circa 25 milioni in meno rispetto all’anno scorso e quasi totalmente di origine europea. Si parla del 75 per cento in meno. E l’assenza di turisti, soprattutto di quelli asiatici e americani, si traduce in ingenti perdite nel settore turistico. E tangibili da subito nel lavoro delle guide. Ad oggi, Pavesi ha quantificato la sua perdita in un “70 per cento del fatturato annuo”.

Eppure Pavesi pensa che qualche insegnamento il mondo dell’arte lo possa trarre da questo periodo difficile. “Il lockdown ha tirato fuori il meglio dell’offerta culturale, speriamo che con la ripresa della normalità non ci si dimentichi di quello che è stato fatto. Perché nel mondo dei musei e nei siti di interesse turistico c’è molta disorganizzazione e burocrazia superflua e molto spesso aziende che puntano principalmente al profitto usano questa confusione a proprio vantaggio. L’Italia è tra i Paesi più belli del mondo, spesso però non si riesce a godere delle nostre bellezze a causa di mille ostacoli”.

È convinta che Milano abbia tutte le carte in regola per diventare un polo attrattivo, ancora di più rispetto agli ultimi anni in cui “il turismo è cresciuto tanto da farla rivaleggiare addirittura con Roma”. Quali sono le parole chiave su cui dovrebbe puntare? “Qualità, eleganza e creatività”. Partiamo dalla qualità del turismo: “Milano ha le potenzialità per attrarre un pubblico colto e culturalmente interessato”. Poi c’è l’eleganza della città: “passeggiando per le vie del centro i miei ospiti rimangono colpiti dallo stile e l’accuratezza con cui vestono i milanesi. Attenzione, non significa necessariamente vestire con capi cari o di marca, ma è lo sfoggiare uno stile proprio e la consapevolezza dell’eleganza”. La creatività è, invece, “ciò che ci ammirano di più all’estero. Molti turisti sono a Milano per business e tornano poi una seconda volta con la famiglia. Sono in forte aumento le richieste di tour sul design”.

Ad ora, però, tra un riaccendersi di focolai, tamponi aeroportuali e quarantene, il turismo stenta a decollare. E ci si chiede se quest’autunno il sistema reggerà, come si evolverà questa pandemia e quando si tornerà alla normalità.

La Lombardia, fino ad ora, è stata una delle regioni più colpite dal Sars- CoV-2. Tutti nei mesi più duri di questa pandemia abbiamo sentito il suono continuo delle sirene delle ambulanze e ascoltato il bollettino della protezione civile elencare numeri di decessi e contagiati, che in quest’area non sembravano scendere mai. I più fortunati di noi osservavano tutto attraverso uno schermo, lontani da dove si stava combattendo quella guerra di cui parlavano i medici. Guardavamo dalle finestre le strade deserte, i negozianti con le mascherine e l’assenza dei rumori della città, creando nella nostra memoria un’immagine indelebile ma sfocata di quanto stava avvenendo. Tanto da sembrare irreale. “Spesso mi sono chiesta se non mi trovassi al centro di un set in cui si stava producendo l’ennesimo film catastrofico”, ricorda Pavesi. “Sicuramente si leggerà nei libri di storia ciò che noi abbiamo vissuto, con il filtro che solo la storia sarà in grado di applicare a questi fatti. Le vere conseguenze le vedremo tra qualche anno, quando la condizione di eccezionalità lascerà il posto alla quotidianità”.

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